La chiesa ritrovata: gli scavi di San Marziano a Carasco
La riscoperta della chiesa di San Marziano a Carasco è il tema portante dell’appuntamento in programma mercoledì 8 agosto al MuSel (Palazzo Fascie, Sala Carlo Bo, inizio ore 21.00). Il quarto appuntamento con l’archeologia dell’estate 2018 propone i risultati delle indagini preventive condotte nel sito della chiesa di San Marziano a Carasco, negli anni 2016/2017. I relatori della serata saranno Giada Molinari, borsista di ricerca presso il Dipartimento di Antichità Filosofia e Storia dell’Università di Genova, ed Emanuele Alessio, specializzando in Archeologia presso l’Università di Genova e collaboratore del Musel.
“L’indagine è stata condotta da un’équipe di archeologi dell’Università di Genova – spiega Fabrizio Benente, docente di Archeologia medievale e direttore del MuSel – sotto la direzione della dott.ssa Nadia Campana della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Liguria. Lo scavo archeologico è stato finanziato dal Comune di Carasco. L’insieme dei dati raccolti ha consentito di sviluppare un’ampia conoscenza delle fonti documentarie e di perfezionare un’adeguata comprensione delle fasi edilizie conservate nel complesso costituito dall’edificio medievale di San Marziano e dalle strutture post medievali che – nel tempo – si sono sovrapposte ai suoi resti”.
Il complesso è esplicitamente menzionato a partire dal 1187 e – ancora nel 1273 – viene citato come “monasterium de Calasco“. La vicenda della dipendenza di San Marziano dall’abbazia di San Michele della Chiusa e il successivo passaggio a San Salvatore di Cogorno è ampiamente documentata dalle fonti d’archivio. La chiesa di San Marziano esercitava la funzione parrocchiale nel XVI secolo, quando fu visitata e descritta da monsignor Bossio che prescrisse diverse modifiche all’arredo liturgico.
Nel 1626, la chiesa e un notevole numero di case furono investite da un’alluvione dei torrenti Sturla e Lavagna. Le acque del Lavagna “sfondarono in parte i muri della chiesa, e ne asportarono tutti i mobili: l’intero tabernacolo del SS. Sacramento scomparve travolto dalla corrente impetuosa”. Una seconda devastante alluvione – nel 1664 – causò la distruzione e l’abbandono definitivo dell’edificio.
Un testimone oculare pochi anni dopo scriveva: “fu chiesa rovinata dal fiume et hora si vede il campanile a mezz’acqua e la canonica sopra la sponda”. Gli effetti delle ripetute alluvioni del XVII e XVIII secolo comportarono vistose modifiche alla piana di Carasco, con una crescita della quota del suolo di campagna che – nella zona della chiesa di San Marciano – è archeologicamente stimabile oltre i 4 metri.
L’indagine archeologica preventiva è stata realizzata tra settembre 2016 e aprile 2017. Nell’area interna all’edificio – corrispondente con abside e parte della navata della chiesa medievale – è stato realizzato un saggio di scavo che ha consentito di analizzare il deposito stratigrafico fino a –4,50 mt. dalla quota del piano di campagna odierno. Lo scavo archeologico ha posto in luce l’area absidale, con le murature interne intonacate e dipinte a fasce alternate in nero e bianco, la traccia dell’altare e il pavimento in lastre d’ardesia. È quanto rimane della chiesa medievale del XII secolo, con le sue modifiche interne realizzate nel XV e XVI secolo, ed è quanto un visitatore avrebbe potuto vedere entrando in San Marciano nei giorni immediatamente precedenti all’alluvione del 1626.
Nell’incontro in programma a Palazzo Fascie mercoledì 8 agosto (Sala Carlo Bo, inizio ore 21.00) Giada Molinari e Emanuele Alessio illustreranno dettagliatamente illustrati i risultati dello scavo archeologico e le nuove prospettive di ricerca.
Ingresso libero